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Solitudine, la nuova epidemia. Ora si riconosca come patologia vera!

  • Writer: sebastianoarcoraci
    sebastianoarcoraci
  • 6 days ago
  • 2 min read

Updated: 5 days ago

Negli ultimi dieci anni il disagio da solitudine è divenuto un vero e proprio fenomeno epidemico.

Lo attesta l'Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS ), che la classifica ormai come EPIDEMIA, che coinvolge, nei Paesi Europei, il 13% della popolazione

( 65 milioni).

In Italia, si stima, che a soffrirne, è più del 15% della popolazione ( 9,3% ).

Il fenomeno è grave poiché, è stato dimostrato, che tale disagio psico-fisico, dovuto alla solitudine, provoca depressione, ansia e stress, aumentando, ad esempio, nella popolazione anziana, del 40% il rischio di demenza.

Fra i giovani, invece, secondo uno studio effettuato in Giappone, provocherebbe il fenomeno del KIkOMORI, che si manifesta con un notevole isolamento sociale e calo della propria autostima, provocando una certa astensione dei giovani dalle dinamiche quotidiane e relazioni sociali, oltre al grave fenomeno del bullismo, sempre più dilagante nelle scuole, specie in Italia.

Dunque, come si può notare, un fenomeno che andrebbe affrontato con misure serie e adeguate, sul piano sociale e sanitario.

Nonostante questi dati preoccupanti però al momento tale patologia non è riconosciuta come vera malattia ma solo un "alto fattore di rischio" per altre malattie.".

Per questo, è tempo, di riconoscerla e "certificarla" come vera e propria patologia autonoma, quale "morbo" dell'uomo moderno.

Riconoscimento che, in tal modo, porterebbe ad affrontare il fenomeno, con un approccio di "cura", anziché come esclusivo fenomeno sociale da studiare.

Ciò che consentirebbe di ottenere dal Ministero della Sanità, un provvedimento formale, che preveda, gratuitamente, da parte del Servizio Sanitario Pubblico, idonei strumenti di prevenzione e cura farmaco- psicologica, atti a prevenire, e curare, quella che è diventata una vera e propria emergenza patologica.

A beneficiarne, oltre ai soggetti interessati dal fenomeno, ( giovanissimi e anziani), sarebbe anche il mondo produttivo, che in questi anni, sta affrontando il problema, ma solo dal punto di vista psicologico, con strumenti che agevolano il benessere psicologico dei lavoratori, ma inidonei a "curare" tale fenomeno dal punto di vista medico-scientifico.

Il fenomeno va invece affrontato in tempo, avendo di mira anche le ricadute economiche, che inevitabilmente hanno sul piano della spesa sanitaria, dovuto alle cure intervenute solo dopo che il problema si è consolidato, magari attraverso altre malattie più gravi..

Occorre dunque un diverso approccio alla questione, ormai divenuta grave, che miri a incentivare misure curative preventive, le sole, che, al momento, sembrano avere qualche efficacia, cominciando a trattarla come una vera e propria patologia clinica, inserendole nel prontuario farmaceutico, e fra le prestazioni sanitarie pubbliche, rafforzando il sistema della medicina del territorio, che per la vicinanza, anche fisica, ai bisogni della popolazione, appare, al momento, l'unica risorsa tecnica, in grado di riconoscerla in tempo, mettendo a sua disposizione, tutti i presidi medici e psicologici necessari.

Ulteriori attese, potrebbero dunque, alimentare un fenomeno ormai diffuso, con il rischio, per nulla ipotetico, che i numeri, di cui sopra, risultino davvero fuori controllo.

Per questo, è doveroso che le Istituzioni, le forze Politiche e Sociali, prendano sul serio la questione, inserendola fra le priorità da affrontare nei prossimi mesi, pena l'esclusione sociale di importanti settori della popolazione, espressioni della nostra Società Civile, con ricadute che non è difficile immaginare.




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