Quel pasticciaccio di Via Pascoli a Garlasco
- sebastianoarcoraci
- Nov 4
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Updated: 7 days ago
18 anni fa, in via Pascoli, nella sua villetta, a Garlasco, nei pressi di Pavia, veniva trovata uccisa Chiara Poggi, una giovane impiegata.
Le indagini si sono orientate, quasi subito, sull'attuale detenuto Alberto Stasi, suo fidanzato, che nei primi due processi fu assolto, ma venne condannato nella sentenza di appello bis del 2015, confermata poi dalla Cassazione, costretto a risarcire per 850 mila euro, la famiglia Poggi.
E' storia di questi giorni, invece, la notizia di nuove indagini, che da un lato vedono indagato Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, e, dall'altro l'ex Procuratore della Repubblica di quel tempo, Mario Venditti per l'ipotesi di una sua corruzione, da parte dei genitori di Sempio.
Come tutti noi, anch'io, da accanito "giallista", mi sono fatto una mia opinione su questo atroce delitto, avvenuto peraltro in un contesto ambientale borghese, estraneo dunque a situazioni di disagio sociale o criminale, e con modalità efferate.
L'eco mediatico, che il caso Garlasco, ha avuto nell'immediatezza del delitto, anche per l'ambiente apparentemente sano, in cui è maturato, non si è spenta neppure oggi.
A riprova di ciò, molti media, e, in particolare, una nota trasmissione televisiva, sta, quotidianamente, ravvivando il focus sulla vicenda, con intere puntate e inchieste, tale da divenire, ormai, dibattito giornaliero in ogni contesto sociale, lavorativo e familiare.
Personalmente, sono stato molto colpito, da due aspetti della vicenda, e, cioè, dalle circostanze in cui si sono create le condizioni omicidiarie, e dalle modalità operative con le quali si è concretizzato il delitto.
La mia opinione, non suffragata da alcun elemento probatorio, è che il brodo culturale in cui matura il delitto è sostanzialmente quello familiare e della cerchia ristretta amicale.
Ambiente, evidentemente tossici, a dispetto di quanto, di solito, si usa pensare, di questo tipo di ambienti, per niente mielosi, ma, piuttosto pieni di invidia, rancori e segreti inconfessabili, sia nelle rispettive famiglie di appartenenza, che in quella della cerchia ristretta degli amici dei due fidanzati.
L'idea poi, come emergerebbe, dalle ultime indiscrezioni giornalistiche, che il delitto si sia consumato, in due momenti diversi e successivi, di quelle tragiche ore, induce ancor di più, a rappresentare un quadro delittuoso, che evidenzia aspetti di raptus omicidiario, improvvisazione dell'autore/ autori, unitamente alla crudeltà.
Non vi sarebbe, dunque, a mio parere, alcuna premeditazione, ne strategia nella dinamica delittuosa, ciò che, dunque, contrasterebbe con il profilo del condannato, oltre che con la storia vissuta, fino a quel momento, durante la relazione fra i due fidanzati.
Inoltre, apparirebbe verosimile, la possibilità di una qualche complicità, di altra persona, forse solo morale, nella fase conclusiva del delitto.
Pertanto, senza entrare nel merito dello sviluppo delle indagini, che saranno ulteriormente svolte nelle prossime settimane, anche in merito all'eventuale corruzione del P.M., ( tutta da dimostrare), da appassionato scrittore, anche di romanzi gialli, mi limito ad osservare che tale vicenda, visto il tempo trascorso dal giorno del delitto, e le numerose prove, in parte inutilizzabili, poiché non raccolte nell'immediatezza del fatto, potrebbe concludersi con un nulla di fatto, per non poter raggiungere, ora, la inconfutabile certezza della colpevolezza di alcuno.
Basti pensare, ad esempio, alle cosiddette "prove irripetibili", cioè quelle che non possono più essere replicate, perché verrebbero alterate, o distrutte, dal trascorrere del tempo, come lo stato dei luoghi, tracce biologiche etc.
Anche gli ultimi esami antropometrici sul nuovo indagato, Andrea Sempio, potrebbero rivelarsi inutili, poiché svolte, a distanza di 15 anni, che, potrebbe aver inciso sui vari elementi misurati, come l'altezza, il peso, la conformazione facciale e cranica.
Ecco perché io credo che per qualsiasi giuria si porrà il problema, in futuro, del "ragionevole dubbio".
Resta il rammarico per aver, ancora una volta constatato, in questo specifico caso, il mal funzionamento della giustizia Italiana, che, almeno nel ramo penalistico, storicamente, ha sempre goduto, in passato, buone tradizioni e fama.
Infine, non è da sottovalutare l'enorme costo sostenuto dallo Stato per le indagini svolte in passato, che sembra ammontino a circa 1 miliardo di euro, e per quelle nuove, aggravato dall'eventuale richiesta di indennizzo, che, lo stesso Stasi, concluso l'eventuale nuovo processo di revisione, possa richiedere allo Stato, secondo quanto previsto dall' Art. 24 della Costituzione e dal Codice di Procedura Penale ( art. 643 e ss.), che disciplinano l'errore giudiziario, e l'equa riparazione.



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