Certi amori non finiscono!
- sebastianoarcoraci
- Aug 17
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Negli ultimi 40 anni, da una stima Istat, sono emigrati, verso il Nord Italia circa 300 mila Siciliani, l'equivalenza di una intera Città come Catania.
Centinaia di Comuni si sono spopolati.
Le motivazioni del fenomeno sono tante, a partire da quelle economiche, vista la drammatica situazione occupazionale, e di lavoro sottopagato, ancora oggi, spesso in nero, nell'Isola.
Molti però, hanno lasciato, e, lasciano l'Isola anche per altri motivi.
E' il caso di molti giovani, con una alta Istruzione, che alla fine degli anni '70, scelsero di andare verso il Nord Italia, in cerca di nuove esperienze di vita, di nuovi modelli sociali, meno "provinciali", per scoprire nuovi, e, più avanzati, orizzonti culturali, in linea con i più moderni Paesi Europei, come la Francia e l'Inghilterra.
Una scelta non facile, visto l'amore che nutrivano verso la loro terra d'origine.
Giovani che intendevano sperimentare, e partecipare, ai nuovi mutamenti sociali, e alle nuove conquiste nel campo dei diritti civili, nel tentativo di respirare un'aria libera dai ricatti omertosi dell'Isola, e dal nepotismo, allora imperante, sia nelle relazioni sociali, che in quelle economiche e Politiche.
L'idea era quella di far tesoro delle nuove esperienze, per poi tornare, travasandole nel tessuto sociale Isolano, arricchendolo anche sul piano culturale e civico.
Molti di questi giovani, ben presto si affermarono, in territori, talvolta ostili e poco accoglienti, ove, sovente, all'inizio, erano considerati, semplicemente, "terroni" .
Poi, man mano, questi occuparono posti di rilievo, in Magistratura, come negli Uffici Pubblici, ( Inps, Inail, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane, etc), diventando, Tecnici di alto livello nelle Aziende Private Locali, e, anche eccellenti clinici e primari Ospedalieri, persino di livello Internazionale.
Un contributo notevole, allo sviluppo e crescita delle terre del Nord, che queste generazioni hanno dato, alle Regioni, che maggiormente li ospitavano, Lombardia, Piemonte e Veneto, premiato, spesso, da numerosa stima e pubblici riconoscimenti.
L'idea di tornare in Sicilia, via via, anche per la loro brillante carriera, si affievoliva dunque, anche se, l'amore per la propria terra, struggeva le loro anime, in continua lotta interiore fra "restare o tornare".
Così tornavano spesso nella loro "Patria", approfittando delle feste comandate, del Natale, Pasqua e delle ferie estive.
E tornano, ancora oggi, sempre più spesso, con la speranza di trovare habitat migliori, condizioni di lavoro dignitose, migliori relazioni sociali, un maggiore senso civico, un nuovo senso di Comunità.
Molti pensano anche di ritornare per il resto della vita che gli rimane.
Purtuttavia, struggendosi ancor di più, in gran parte, restano delusi per le alte aspettative da loro riposte, verso il cambiamento del loro borgo natio, che, purtroppo, non si sono avverate, se non in lieve modo.
A volte, inoltre, sentono una forte distanza fra il loro modo di vivere e quello abitualmente vissuto da coloro, che, con coraggio, o, spesso, con rassegnazione, sono rimasti nell'Isola.
Così, anche gli amici di un tempo, li considerano quasi estranei, avulsi dal contesto, quasi poco graditi, forse anche per un confronto culturale, difficile, per i primi, da sostenere.
E così, questi giovani di un tempo, seppure motivo di orgoglio per la loro terra, per quanto han saputo ben rappresentare al Nord, la loro amata Isola, diventano destinatari, loro malgrado, di una sorta di doppia condanna, la prima per aver vissuto in "terre straniere", la seconda, dai loro stessi compatrioti, che li additano a "scomodi modelli".
Pervicaci nel non voler cambiare, i primi, ostentano un ego smisurato, orgogliosi, a loro modo, di esser rimasti a lottare nella propria terra, a differenza di quei giovani, un tempo amici fraterni, che scelsero ben altre lotte da compiere, e ben nuovi traguardi da raggiungere, con l'ambizione di volersi affermare, fuori dalla logica dei "padrinaggi", e, delle protervie vessatorie delle solite gerarchie locali.
Che dire?
Direi che la riflessione più naturale che mi sovviene è quella di continuare a nutrire, contro ogni avversa conclusione, la speranza del cambiamento, riponendola soprattutto nei giovani, scevri da ogni orpello burocratico, liberi da ogni condizionamento ambientale, forti di in nuovo senso di civiltà, maggiormente rispettoso dell'ambiente in cui si vive, orgogliosi dei preziosi beni culturali di cui l'Isola è ricca, di un nuovo concetto del lavoro, ove il tempo di vita riacquista il suo valore, amanti della libertà, e orgogliosamente contro ogni forma di sorpruso malavitoso, che tanto danno ha recato, e ancora reca, all'immagine e alla storia della più bella Isola del Mondo.
A proposito, quei giovani torneranno, magari alla fine della loro esistenza, orgogliosi, e fieri, di aver vissuto una "grande storia".
La famiglia, i ricordi d'infanzia, il paesaggio, saranno, per loro, come una calamita dalla quale non potranno mai staccarsi.
Certi amori non finiscono, fanno dei giri strani, ma poi ritornano, come dice il grandissimo Antonello Venditti.
Memento Audere Semper!
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