Nell'era dei social, ove anche le notizie, sono veloci, sintetiche, d'effetto, fonti di avverse tifoserie, spesso vere e proprie fake news, l'informazione cambia, e, con essa, anche la professione dei giornalisti.
Il tema è, se ancora oggi la notizia, ed i fatti riportati da quest'ultima, siano andati proprio nel modo raccontato, oppure queste siano esagerate, allarmistiche, fuorvianti, spesso sovraccaricata dallo schieramento cui appartiene il giornalista, e, dalle sue idee politiche.
Così accade che molti di questi, ormai, un po' per bisogno, un po' per esigenze di mercato, dimenticano i principi di etica e deontologia cui sarebbero invece sottoposti, se iscritti all'Ordine Professionale.
E' la Legge n. 68 del 1963, che, istituendo l'Ordine dei Giornalisti, lo impone, ma anche l' art. 25 della Legge 675 del 1996, che disciplina il loro codice professionale dal punto di vista deontologico, e di recente il Testo Unico dei doveri del giornalista, entrato in vigore l'1-1-2023.
Ancor più di recente, l'11 dic. 2024. sono state approvate delle modifiche alla disciplina, che entreranno in vigore a Giugno 2025 , apportando importanti novità, anche riguardo all'intelligenza artificiale.
Sostanzialmente tali norme richiamano principi etici e regole deontologiche, cui i giornalisti, dovrebbero attenersi, nello svolgimento della loro professione.
D'altronde, anche gli stessi Codici Civile ( art. 1375) e Penale, sulla base dei principi Costituzionali ( art. 21- art. 2 ), etico- sociali, disciplinano tali aspetti, sottolineando significativamente, fra i loro doveri da osservare, quelli della correttezza e buona fede.
In buona sostanza, nel patto, che tacitamente, si sottoscrive fra giornalista e lettore, dovrebbe essere assunto l'obbligo, da parte dei primi, di seguire regole di comportamento, contrassegnate, fra le altre, da : verità, continenza, buona fede e correttezza.
Dovrebbero appunto.
Ma lo fanno?
Io non credo.
Prendiamo, ad esempio, gli ospiti giornalisti, dei programmi televisivi, che quotidianamente affollano i vari talk show, delle varie reti.
Un coacervo di persone, impegnate spesso, in vere e proprie risse, grida, liti verbali, dichiarazioni partigiane, provocazioni, e insulti reciproci.
Neppure la Rai, il nostro pubblico servizio, riesce a svincolarsi da questo, a volte, indecente spettacolo.
Così, i vari Bruno Vespa, Enrico Mentana, Marco Travaglio, Andrea Scanzi, Sallusti, Gruber, Fazio, Giannini, Sechi, Italo Bocchino, si contendono ogni giorno, in singolar tenzone, la palma del più bravo, del più polemico, di quello che fa più audience.
Concetti e pensieri, che naturalmente vengono riproposti sui quotidiani ove loro scrivono, ( Repubblica- Corriere- Il fatto Quotidiano - Libero - il Giornale- La verità - il Foglio - il Tempo - il Secolo d'Italia, etc ..., intrattenendo, i lettori, in una sorta di guerra guerreggiata, fra le diverse fazioni dell'agire Politico, tanto da apparire, palesemente un teatrino dell'ovvio, una vera e propria farsa.
Un giornalismo, dunque da militante, che, ad esempio, Italo Bocchino, l'unico a dire il vero, rivendica con orgoglio.
La domanda allora è : ma tutto ciò non fa a pugni, e viola, quanto stabilito dalle norme che ho richiamato in premessa?
E, soprattutto, l'Ordine dei Giornalisti, indipendente, ( anche se sottoposto alla Vigilanza del Ministero di Giustizia), intende procedere con qualche propria iniziativa che stigmatizzi e sanzioni tale situazione?
Come tutti possiamo vedere, nessun intervento significativo, è emerso dall'Ordine, in questi anni.
Allora come se ne esce?
Eppure, io ricordo che il nostro docente di lettere, alle superiori, per far migliorare il nostro spirito critico nell'osservazione della realtà, ci propinava spesso, la lettura di un quotidiano, quale vero e proprio baluardo contro la verità di regime e l'omologazione sociale del tempo.
Oggi si può dire sia ancora così?
Credo proprio di no.
Per questo, personalmente, ritengo che, al di là dell'Ordine dei giornalisti, ogni professionista, che operi in questo delicato campo, debba interrogare la propria coscienza, domandandosi, se quel patto morale, sottoscritto tacitamente fra lettori e giornalisti, sia da lui rispettato, imponendosi da se regole etiche e morali alle quali non intende rinunciare, per alcun motivo.
Occorrerebbe, infine, che gli Editori, responsabili insieme ai giornalisti professionisti, del contenuto delle loro dichiarazioni, interviste e articoli, fissino delle norme di condotta, precise e dettagliate, facendole sottoscrivere ai collaboratori, che, se violate, possano anche comportare gravi sanzioni, anche di natura economica.
D'altronde un Editore può ben stabilire la propria linea editoriale da seguire da parte di tutti i suoi collaboratori.
Io credo, per concludere, che tale aspetto quindi, non vada sottovalutato oggi, specie nel clima surriscaldato e animoso, fra le varie forze Politiche, poiché questo involge aspetti di democrazia, di rispetto della verità e delle più elementari regole della convivenza civile, che se violate, come ritengo stia accadendo, potrebbe portare a conseguenze ulteriori e nefaste, anche nell'alimentare fuochi, già peraltro in atto, a discapito del dialogo, tolleranza, riconoscimento dei valori e idee altrui, rispetto e stima per ogni cittadino della nostra Repubblica, evitando facili applausi e cori da stadio, che certamente, bene non fanno al nostro Paese.
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